“Man mano che l’ondata di piena sembra passare, e cercando di evitare delle recidive, il covid19 sta mostrando un suo aspetto sinistro. Molti dei “guariti”, infatti, anche se senza patologie pregresse, potrebbero essere in realtà dei “sopravvissuti”, con postumi invalidanti anche cronici ed irreversibili. Polmoni, reni, cuore, sistema circolatorio, nel reagire all’attacco del virus sviluppano infiammazioni. Più gravi sono, più diverranno cicatrici. I primi follow up, controlli di chi è uscito dal covid19, mostrano molti, troppi casi di difficoltà respiratorie, disfunzioni renali e cardiache difficilmente reversibili.
Come dopo un’ esplosione di gas tossici. Oltre a chi muore subito, il terreno contaminato si lascia dietro una scia di sopravvissuti, di cui molti malati, per anni. Un danno significativo per le persone e per il sistema sanitario. Gli operatori sanitari hanno giustamente fatto l’impossibile in questi mesi, salvando vite. Per questo motivo, però, adesso – che abbiamo una tregua – dobbiamo pensare, anche a livello interregionale, sia al “dopo” che al “prima”.
Per il “dopo” occorre un percorso “post covid19” per seguire al meglio chi ne è uscito, e garantirgli la migliore ripresa possibile.
Per il “prima” sappiamo che più grave è l’infiammazione, maggiore il rischio di future disfunzioni. Occorre una “rete di intercettazione” che prenda in carico i sospetti covid19 e li tratti subito, senza attendere che peggiorino o sviluppino le difficoltà respiratorie gravi che indicano l’avvelenamento dell’organismo.
Meno veleno si inala, maggiori saranno le probabilità di lasciarsi tutto alle spalle come un brutto sogno.”