Di recente l’Autorità Portuale regionale si era espressa favorevolmente sul progetto di recupero immobiliare in area demaniale, avanzato da una società collegabile ad ambienti mafiosi. Questo errore era dovuto alla mancata richiesta della certificazione antimafia, documento reperito a seguito della nostra mobilitazione a tutti i livelli istituzionali. Se il lieto fine della vicenda è stato lo stop alla concessione data a questa azienda, come forza di governo non potevamo non cogliere quanto accaduto per stimolare una revisione normativa necessaria: la Pubblica Amministrazione dovrebbe anticipare la richiesta dell’informativa antimafia all’avvio di ogni iter istruttorio che riguarda i propri lavori.

Ad oggi, secondo un’interpretazione letterale dell’art. 83 del c.d. Codice Antimafia, tutta la pubblica amministrazione (società controllate incluse) acquisisce la documentazione antimafia poco prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori. Quel “prima” scritto nella legge, diventa così il momento precedente la concessione effettiva di un appalto o il rilascio del permesso richiesto, ovvero la sottoscrizione dell’atto finale di accordo: come appunto il contratto. In questo modo l’azienda con impedimenti o divieti per situazioni indizianti di “mafiosità” di fatto riceve approvazione durante tutto l’iter istruttorio e, come successo a Viareggio, può “farla franca” se l’adempimento della comunicazione antimafia diventa un ultimo, fastidioso, passaggio burocratico per un percorso ormai tracciato.

Per capire il problema è importante chiarire che l’informazione antimafia aggiunge all’elenco delle cause di decadenza, sospensione o divieto per misure di prevenzione (art. 5 dlgs 159/2011) e alle condanne con sentenza per determinati delitti – contenute nella c.d. “comunicazione antimafia” – anche eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare gli indirizzi della società richiedente. L’informazione antimafia è quindi più completa della comunicazione perché la include e allarga il campo anche all’infiltrazione mafiosa, vera epidemia che purtroppo affligge anche la nostra regione.

Per estinguere l’epidemia è necessario fermarla e prevenire la malattia: di qui la nostra proposta. La pubblica amministrazione dovrebbe richiedere l’informativa antimafia all’inizio del percorso istruttorio su appalti e concessioni, non a pochi metri dall’arrivo. Risparmieremmo tempo e possibili errori poco giustificabili sul terreno del contrasto alla criminalità organizzata. Senza contare l’effetto deterrente. Quale azienda in odor di mafia si metterebbe a compilare moduli e redigere progetti sapendo già di non poterla fare franca?

ENRICO CANTONE