Il 13 giugno scorso abbiamo tradotto in un’interrogazione le domande che la cittadinanza si stava ponendo sulle emissioni di mercurio degli impianti geotermici, dopo le informazioni in merito divulgate dal Comitato difensori della Toscana. La risposta arrivata conforta ben poco e racconta quanto fino quasi ai giorni nostri il duo PD-Rossi abbia avuto un atteggiamento non prudenziale riguardo al rapporto tra geotermia e salute pubblica.
L’assessora Fratoni ci segnala che lo Stato Italiano non ha fissato “valori limite“ oltre i quali il mercurio inquina l’aria e comunque il “monitoraggio ARPAT” nei distretti geotermici tradizionali (Larderello, 22 impianti – Radicondoli-Travale, 8 impianti) mostra livelli di concentrazioni “ben al di sotto“ delle soglie di sicurezza presentate ad esempio dall’OMS, senza tuttavia indicare tali dati in maniera puntuale. Questo monitoraggio tuttavia è gestito da ENEL e ARPAT “valida“ quindi i suoi dati, fino a confermarli tramite “l’utilizzo di stazioni mobili” e la “stazione di Montecerboli della rete regionali di rilevamento della qualità dell’aria“.
Così facendo l’assessora ci sta quindi dicendo che i dati rilevati dall’ente pubblico – tramite ARPAT – non sono presi dalle torri di raffreddamento degli impianti geotermici, ma da stazioni di rilevamento più o meno prossime a questi.
Per il resto bisogna fidarsi di quanto proviene da ENEL e della ‘validazione’ di ARPAT, sulla quale ci riserviamo di chiedere approfondimenti.
Questo anche perché poche righe sotto l’assessora Fratoni ci scrive che fino al 2012 ARPAT indicava emissioni di mercurio fino a 10 volte superiori rispetto ai rilievi ENEL GP nei distretti geotermici di Larderello e Radicondoli-Travale. Una discrepanza che però si doveva all’assenza di una “norma tecnica validata da un organo tecnico di certificazione“ che sancisse come misurare il mercurio in uscita dalle torri evaporative degli impianti.
In pratica la giunta PD-Rossi ci dice: fino al 2012 non eravamo certi di come si misurava, quindi non ci siamo preoccupati.
Noi penseremmo il contrario: proprio perché mancava certezza sulla misurazione il principio di precauzione non avrebbe dovuto imporre un atteggiamento più prudenziale?
Tra l’altro solo nel 2014 la Regione ha disposto di superare l’empasse con una procedura di intercalibrazione tra ARPAT e ENEL GP, coordinata dal CNR. L’assessora ci scrive che a ottobre 2016 questo percorso è finito con la formalizzazione di un metodo per campionamento e analisi delle emissioni di mercurio dalle torri di raffreddamento degli impianti geotermici. I risultati di questo monitoraggio finalmente “standardizzato” saranno analizzati a fine anno e forse sapremo allora se possiamo fidarci dei dati ottimistici offerti da ENEL GP, di quelli più preoccupanti diffusi da ARPAT o del quadro allarmante indicato dai cittadini del Comitato difensori della Toscana.
Di certo pensiamo poco rassicurante per i cittadini sapere che per anni la Regione non ha sentito nemmeno l’esigenza di standardizzare delle misurazioni quando ENEL dichiarava 10 volte le emissioni valutate da ARPAT. Come poco rassicurante è leggere che secondo l’assessora regionale “non sembrano sussistere allo stato attuale elementi tali da indicare condizioni di rischio ambientale e sanitario” per le quali disporre “provvedimenti limitanti l’esercizio delle attività di coltivazione delle risorse geotermiche”. Non sembrano o non ci sono?