“Il Monte dei Paschi di Siena è stato usato come un bancomat dai partiti, ex DS poi PD in testa. Oggi quello stesso partito sceglie di sacrificare i piccoli risparmiatori, pur di evitare una nazionalizzazione che poteva aprire i cassetti e fare chiarezza sul grande buco nero dei 47 miliardi di crediti deteriorati dell’Istituto. Soldi dati nell’80% dei casi a grandi gruppi, spesso amici di partito, società partecipate e malgestite da Comuni e Regioni e chissà chi altro; perché anche su questo finora la banca ha omesso la massima trasparenza” Giacomo Giannarelli, consigliere regionale M5S Presidente della Commissione d’inchiesta regionale MPS.
“Il CDA di Monte dei Paschi di Siena ha messo azionisti e obbligazionisti, cioè chi si è fidato della banca, ad un ennesimo bivio: o si accetta la linea tracciata o arriva il bail in. Ma intanto il bail in è già iniziato per i risparmiatori e la memoria ci viene in soccorso per capirlo e individuarne i responsabili. Nel 2008, infatti, Monte dei Paschi di Siena cercava soldi liquidi per gestire la scellerata acquisizione Antonveneta, voluta dalla politica e approvata dalla Banca d’Italia allora a guida Mario Draghi (oggi Presidente BCE). 2,1 miliardi li presero da 40mila piccoli risparmiatori, attirati da un’obbligazione decennale (scade nel 2018) con tagli da 1.000 euro. Queste persone, molte delle quali toscane, si fidarono allora delle potenzialità di sviluppo di quella banca storica guidata allora da un giovane avvocato, Mussari, iscritto e protetto dal Partito Democratico, già presidente della Fondazione MPS in mano alle istituzioni locali e controllata dal Ministero del Tesoro: praticamente un sistema garante cui i cittadini reagirono fidandosi, anche supportati dal plauso sull’operazione Antonveneta di stampa, partiti allora al governo o all’opposizione, e mondo finanziario. Oggi molti di questi cittadini cercano di vendere quanto hanno in mano, perdendo fino al 40% del loro valore, pur di liberarsi di un rischio. Un piccolo assaggio di bail in”.
“Ad oggi non abbiamo alcun dato su quanti di questi risparmiatori abbiano accettato la conversione volontaria in azioni chiesta con forza dal CDA Monte Paschi di Siena, ma è chiaro che usare la minaccia del bail in – assecondato anche in UE dal Partito Democratico – per permettere alla banca di stare in piedi senza intervento pubblico ed evitare così operazioni di recupero dei soldi prestati male e recuperati peggio – cioè dati agli amici di partito senza garanzie o evitando forme di recupero sostanziali come dimostra il caso Sorgenia – è un cortocircuito della democrazia sulla pelle dei cittadini. Domani gli occhi del mondo saranno sull’Assemblea dei soci MPS. Ci auguriamo che la banca scelga la strada della trasparenza e palesi i nomi di chi non le ha reso la maggior parte dei soldi prestati forte anche di forme privilegiate di gestione della situazione: quel “pagherò” perenne che alla fine pagheranno i piccoli risparmiatori. Sarebbe un vero cambio di rotta, doveroso dopo quanto i cittadini italiani hanno già dato al sistema, tramite lo scandalo Monte Paschi”. Giacomo Giannarelli